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AFFRANCAMENTO FISCALE: scopri come pagare meno imposte sui tuoi guadagni

Se qualche anno fa hai investito in fondi, ETF e polizze vita e hai ancora oggi una posizione in guadagno, hai anche una grossa possibilità di poter beneficiare di una importante agevolazione fiscale che ti può consentire di pagare meno imposte proprio su quei guadagni. La Legge di Bilancio 2023 infatti (Legge 29 dicembre 2022, n.197), ha introdotto il cosiddetto AFFRANCAMENTO FISCALE, che ti permette di versare un’IMPOSTA AGEVOLATA sulle plusvalenze derivanti quote di OICR (per intenderci, FONDI COMUNI ed ETF), azioni e polizze assicurative sulla vita di ramo I e V. L’agevolazione offre un’aliquota agevolata del 14% anziché del 26% (come stabilito dal decreto legge 66/2014), consentendo un risparmio immediato del 12% senza dover vendere gli strumenti. Senza l’affrancamento, gli investitori sarebbero tenuti a pagare il 26% (o il 12,5% per i titoli di Stato) al momento della vendita.

Per quanto riguarda le QUOTE DI OICR (quindi FONDI COMUNI ed ETF), i requisiti da rispettare, nel caso volessi beneficiare dell’affrancamento sono:
– Avere in portafoglio da prima del 31 dicembre 2022 gli strumenti finanziari che si vogliono affrancare, in guadagno;
– Decidere entro il 30 giugno 2023 di usufruire dello sconto fiscale e comunicarlo al proprio intermediario;
– Pagare l’imposta sostitutiva entro il 16 settembre 2023 (per mezzo del proprio intermediario).
L’Istituto di credito presso il quale si detiene il deposito titoli fungerà da sostituto d’imposta provvedendo al calcolo dell’imposta sostitutiva dovuta nonché all’aggiornamento del prezzo di carico fiscale che, post-affrancamento, sarà pari al valore della quota del fondo rilevata al 31/12/2022.
Vediamo ora come funziona attraverso un esempio:
Ho in portafoglio il Fondo X, 100% azionario, acquistato in data 1/1/2015 al prezzo di € 10.000
Al 31/12/2022 il valore del mio fondo è di € 15.000
Oggi, 31/5/2023 il valore del mio fondo è di € 18.000.
Supponiamo di voler vendere oggi il fondo (ma come detto prima non è necessario, possiamo beneficiare dell’affrancamento anche continuando a detenere lo strumento)
Se decidessimo di NON affrancare, dovremmo pagare il 26% sulla plusvalenza: quindi (18.000 – 10.000)*26% = 2.080 euro.
Se invece decidessimo di affrancare, la tassazione sarebbe: il 14% sulla plusvalenza registrata dalla data di acquisto fino al 31/12/2022 e il 26% sulla plusvalenza data dalla differenza tra il prezzo di vendita meno il prezzo dello strumento al 31/12/2022. Ovvero (15.000-10.000)*14% + (18.000-15.000)*26% = 700+780 = 1.480 €. In questo caso specifico avremmo convenienza ad affrancare, risparmiando sul capital gain ben 600 euro. La tassazione risulterà così complessivamente compresa tra 14% e 26%, nello specifico il 18,5% (anziché il 26%).

Quindi conviene sempre affrancare?
In realtà NO; è sempre necessaria una valutazione caso per caso per capire se effettivamente si può trarre beneficio da questa opportunità.
Supponendo una situazione di guadagno al 31 dicembre 2022, possiamo individuare tre possibili scenari per un investitore al momento della vendita degli strumenti soggetti all’affrancamento fiscale:
1 Il guadagno è aumentato successivamente.
2 Il guadagno è rimasto stabile.
3 Una parte del guadagno al 31 dicembre 2022 è stata erosa da una diminuzione delle quotazioni.
Nei casi 1 e 2, l’investitore trarrà vantaggio dall’adesione all’operazione di affrancamento fiscale. Infatti, se successivamente all’affrancamento si verifica un ulteriore guadagno, questo sarà tassato al 26%. Tuttavia, avendo già pagato il 14% su una porzione del guadagno, l’aliquota complessiva applicata sarà compresa tra il 14% e il 26% (ad esempio, come sopra, 18,5%).
Nel caso 3, sarà necessario valutare la posizione attuale per determinare in che misura il calo delle quotazioni ha ridotto il beneficio offerto dall’ affrancamento.
Un’altra considerazione importante riguarda la composizione dello strumento soggetto all’affrancamento. Questo è particolarmente rilevante nel caso in cui i sottostanti dell’ETF o del fondo comune siano titoli di Stato italiani o obbligazioni di emittenti equiparati o inclusi nella “white list”. In tale situazione, la tassazione sugli interessi e sulle plusvalenze derivanti da tali strumenti sarebbe del 12,50%. Affrancare significherebbe invece pagare il 14% sulle plusvalenze ottenute anziché il 12,50%. Pertanto, è fondamentale analizzare attentamente gli strumenti che si intende affrancare, poiché potrebbe non essere conveniente se sono presenti solo titoli di Stato.
Oltre ai fondi comuni ed ETF con sottostanti costituiti esclusivamente da titoli di Stato, esiste una vasta gamma di fondi flessibili, ovvero organismi collettivi di investimento del risparmio (OICR) che investono i capitali raccolti in diversi tipi di attività, tra cui azioni e obbligazioni. Comprendere la composizione di tali fondi al fine di valutare se l’affrancamento sia conveniente o meno è più complesso e richiede un’analisi dettagliata della composizione dell’attivo del fondo alla data del 31 dicembre 2022, per determinare se la quota di azioni sia superiore a quella dei titoli di Stato, rendendo l’affrancamento conveniente.

Per le AZIONI, le condizioni sono diverse: il costo dell’affrancamento è del 16% (non del 14% come per gli OICR) e la convenienza va valutata caso per caso poiché la base imponibile dell’affrancamento non è la plusvalenza, ma il “valore normale”. Questo valore normale rappresenta la media dei prezzi di borsa dell’azione nel mese di dicembre 2022. In breve, conviene affrancare solo se la plusvalenza generata dall’acquisto è pari al 160%; se è inferiore, non conviene poiché si pagherebbero più imposte rispetto al normale pagamento del 26% sul capital gain.
Te lo mostro con un esempio:
Ho acquistato 10.000 € dell’azione Y l’1/1/2015 e il valore normale al 31/12/22 è pari a 15.000€.
In tal caso la plusvalenza sarebbe di 5.000€. Se procedessi con l’affrancamento, il costo da sostenere sarebbe pari a 2.400 € (ossia il 16% di 15.000 €); d’altra parte, nel caso in cui pagassi l’imposta del 26% sul guadagno maturato come da prassi, pagherei 1.300 € ((15.000-10.000)*26%), ben 1.100€ in meno.
Un’altra peculiarità dell’affrancamento delle azioni è che l’intermediario presso il quale si detengono gli strumenti azionari non funge da sostituto d’imposta: l’investitore deve comunicare all’intermediario di aver effettuato l’affrancamento e fornire prova del pagamento dell’imposta sostitutiva. I titoli, le quote e i diritti affrancati costituiscono una massa separata rispetto agli altri strumenti nel portafoglio, impedendo qualsiasi compensazione di eventuali minusvalenze derivanti da tali strumenti in futuro.

Detto ciò, quali valutazioni dobbiamo ancora effettuare prima di procedere all’affrancamento?
L’affrancamento può offrire un vantaggio finanziario immediato per coloro che registrano consistenti plusvalenze su ETF o quote di fondi comuni di investimento. Tuttavia, la decisione dipende dall’intenzione futura dell’investitore. Se un disinvestimento a breve termine (entro 2-3 anni) era già previsto, l’affrancamento potrebbe essere un “regalo” gradito.
Tuttavia, in caso di orizzonti temporali molto lunghi, lo sconto fiscale deve essere valutato insieme al costo opportunità derivante dall’investimento efficiente dei fondi utilizzati per il pagamento anticipato delle imposte. È importante considerare anche che, se il prezzo del fondo per cui è stato effettuato l’affrancamento diminuisce rispetto al valore registrato il 31/12/2022, l’imposta sostitutiva versata non potrà più essere recuperata. Per le azioni, è necessaria un’attenta valutazione prima di procedere con l’affrancamento, al fine di evitare di pagare più imposte rispetto alla normale aliquota sulle plusvalenze.

In definitiva, l’affrancamento può rappresentare un’opportunità significativa per ottimizzare l’aspetto fiscale degli investimenti, ma richiede una valutazione attenta con l’aiuto di un consulente finanziario. Se desideri valutare questa opzione, sono a tua disposizione. Puoi contattarmi tramite l’apposito modulo di contatto!